2.6.14

Il "Nido di Vespe" di Lucamaleonte


Verso le 4 del mattino del 17 aprile 1944 al Quadraro scatta il piano "Unternehmen Walfisch" ("Operazione "Balena"), feroce rastrellamento ad opera della Gestapo e della polizia fascista condotto personalmente dal comandante Kappler per punire il quartiere di Roma che fu uno dei più attivi e organizzati centri dell'antifascismo e della Resistenza in Italia.

Il Museo di Urban Art di Roma MURo - che nasce proprio in questo quartiere - ha dedicato due anni fa il murale di Gary Baseman (Largo dei Quintili) alla memoria di questa profonda ferita, e lo stesso concept che è alla base dei murales a più mani di via dei Lentuli è dedicato al ricordo di quel migliaio di uomini deportati.

Ai 70 anni da quell'evento, a metà aprile del 2014, abbiamo voluto che l'artista romano Lucamaleonte realizzasse un proprio "Nido di Vespe" in via del Monte del Grano, un'opera che sottolinea l'orgoglio con cui i cittadini del Quadraro accolsero e conservano ancora quell'appellativo che i nazisti diedero al quartiere in segno di disprezzo.

Il curatore del progetto, l'artista David Diavù Vecchiato, racconta nell'intervento che segue perché per raccontare questa storia ha selezionato quel muro e perché la scelta di Lucamaleonte.


«Perché proprio questo muro? Perché ha un significato preciso, rappresenta in senso urbanistico, ma anche storico, una porta di ingresso al Quadraro vecchio. Un buco spazio-temporale di cui ora non si ha più percezione ma che qualche decennio fa rendeva questo quartiere prigioniero di un dopoguerra fantasma, che si trascinava tardivo, che faticava a terminare, rappresentato da baracche di lamiera, case semidistrutte abitate da immigrati - all'epoca i cosiddetti "ultimi" erano gli italiani del meridione - e strade sterrate e polverose, com’era questa via del Monte del Grano ancora negli anni 70 mentre, arrivati a Largo dei Tribuni, la zona già cambiava totalmente aspetto e il Quadraro nuovo, esempio di modernità e di progresso – che nei fatti fu preda di numerose speculazioni edilizie - vedeva crescere palazzi a più piani, servizi pubblici, attività commerciali ecc.
Il Quadraro vecchio era invece là isolato, ghettizzato, e rappresentava ancora quel covo, quel pericoloso nido di vespe, da tenere alla larga.


L'appellattivo "nido di vespe" fu dato al quartiere in senso spregiativo dal comandante Kappler, noto responsabile dell'eccidio delle Fosse Ardeatine, che pianificò e condusse al Quadraro l'infame "Operazione Balena”, la deportazione di circa mille uomini dai 16 ai 55 anni nei campi di lavoro nazisti, venduti a industriali tedeschi che li usavano come schiavi. 
Oltre alla vendetta contro potenziali partigiani e ribelli, l'intenzione criminale era colpire l'economia del Quadraro, lasciare da sole le donne coi bambini a morire di stenti. 
Invece mai nome fu più azzeccato di "nido", perché ci fu una grande collaborazione tra gli abitanti che si aiutarono, si risollevarono e, anche grazie all'industria del cinema in rapida espansione della vicina Cinecittà, esercitarono nuovi lavori prima inaspettati. Divennero comparse nei kolossal americani e nei film italiani e caratteristi, aprirono osterie, divennero artigiani dei set, scenografi, tecnici e altri professionisti del settore, ecc.

Questo muro intende ora simboleggiare la resistenza di questo quartiere, insignito della medaglia al valor civile perché subì quell'infame deportazione rimanendo fedele ai suoi ideali di libertà. 
Nessuno fece mai la spia, piuttosto morirono nei campi di concentramento.
La formula fisica della Resistenza campeggia oggi alta sul murale di Lucamaleonte.

Il fatto che questa via del Monte del Grano sia una strada-simbolo del passaggio da un tempo ad un altro, e da uno stato di cose ad un altro, come un portale nella Storia, lo percepiscono gli stessi abitanti, infatti la scritta "You are entering to Free Quadraro", riportata da anonimo su questo muro (che era ispirata ai murales dell’area autonoma auto-dichiarata della città irlandese Derry nel contesto del conflitto nord-irlandese e che Lucamaleonte ha ripreso fedelmente nella sua opera) esprime questo senso di accoglienza in una sorta di 'altro' mondo, con 'altre' leggi e 'altri' riti.
È una porta che stimola alla consapevolezza di un passato da non dimenticare mai.


Personalmente ho voluto l'intervento di Lucamaleonte perché è l'artista che porta avanti da tempo uno studio approfondito sugli insetti e sul mondo naturale, e per la resa estetica delle sue opere ispirata alle incisioni e alle stampe di altri tempi, a segni "storicizzati". Uno stile insomma che richiama alla mente quel vecchio Novecento che in questo caso trovo molto affine al tema trattato. 


Inoltre su questo muro non è l'umano che dovevamo raccontare. L'umano in quella drammatica rappresentazione interpretava la parte del distruttore, erano gli insetti, i vinti, i piccoli ma fieri ribelli che attaccano a sorpresa, loro avevamo il compito di celebrare. 
E al centro dell'universo di Luca non c'è l'uomo. Raramente Luca rappresenta l'umano contemporaneo, e mai si permette la libertà di deformare/interpretare/stravolgere in maniera radicale la sfera del reale, a cui rimane fedele. Oltre al rigore tecnico lo contraddistingue a mio avviso anche un autocontrollo dell'"occhio umano" che generalmente ingloba il reale e lo restituisce diverso.

Lui stesso riconosce che la figura umana è stata lungo lontana dal suo universo simbolico perché non la trova interessante a meno che non ne trovi un'utilità simbolica. Luca ama cogliere gli elementi della tematica naturale per inserirli in una composizione geometrica e precisa, come accade nei suoi lavori speculari. La natura è casualità ed incredibile geometria, e lui cerca proprio queste geometrie unendo i vari elementi "casuali" insieme.


Luca è soddisfatto di questo lavoro. Sia per la resa estetica che per ciò che esprime. Per le vespe si è ispirato a delle foto perché voleva fonti scientificamente più precise rispetto a incisioni e antiche stampe e anche il fatto di aver usato i colori oltre al bianco, al nero e ai toni di grigio, e raramente lo fa, rende per lui questo muro speciale. 


Tra i compiti dell'artista c'è quello di togliere la tradizione al conformismo e di riappropriarsene, e col MURo, Museo di Urban Art di Roma, tra le altre cose anche questo stiamo facendo. 
Questa 'espropriazione' doveva realizzare a mio avviso Lucamaleonte con la sua opera e questo ha fatto, con consapevolezza e col rigore stilistico che contraddistingue il suo lavoro. 


Queste vespe dipinte da Luca producono un miele migliore, che non intende essere dolce per i palati dei potenti, non sono pura decorazione urbana, stanno piuttosto qua a ricordarci che quando l'uomo diventa pericoloso per se stesso e per la natura che lo ospita bisogna ribellarsi, combattere e resistere, farsi come le vespe, che pungono più volte senza soccombere, senza perdere il pungiglione. 
E sono così grandi perché grande è colui che resiste per la salvaguardia della sua specie e del bene condiviso».

David Diavù Vecchiato


(foto di Vincenzo De Francesco per il M.U.Ro. + tratte da veliacalevi.com e italiaterapia.com. La foto con la bimba è di Saraguzza)


5 commenti:

  1. Grazie Angelo, in realtà ci sono e non si vedono.
    Non è un caso che sia così perché non sono dipinte nella fase dell'attacco ma mentre curano il proprio nido. E non è un caso che siano state dipinte le vespe femmine, come la maggior parte delle persone rimaste al Quadraro dopo la deportazione del 1944.
    «L'aculeo delle femmine, derivante dall'ovopositore, è ben sviluppato ma non visibile ad occhio nudo in quanto retrattile. L'aculeo delle vespe, contrariamente a quello delle api, è liscio e le femmine possono quindi pungere più di una volta senza che venga strappato dall'addome della femmina. Le vespe Polistes usano l'aculeo con facilità ma esclusivamente per difesa personale e per la difesa del nido. I maschi sono sprovvisti di aculeo e, di conseguenza, non possono pungere.».
    Da Wikipedia http://it.wikipedia.org/wiki/Polistes
    (Polistes è la famiglia di vespe dipinte da Lucamaleonte)

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  2. fantastico, nun ce sò artri aggettivi.

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  3. E se qualcuno tenterà di murare la memoria, i muri stessi diventeranno la memoria.
    Grazie per quest'opera

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