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12.11.19

Nasce il progetto ExP: dall'incontro "Street Art o Arte Pubblica?" a una legge da richiedere al Parlamento Italiano.

Giovedì scorso, 7 novembre 2019, si è tenuta a Roma la tavola rotonda "Street Art o Arte Pubblica?" sul tema della necessità di emanare una legge italiana a tutela di opere d'arte negli spazi pubblici e condivisi, organizzata dallo studio legale E-Lex con noi di MURo, in collaborazione con Yococu (YOuth in COnservation of CUltural Heritage) e la galleria Rosso20sette Arte Contemporanea.
Ringraziando tutti i partecipanti - relatori, pubblico e staff - cerchiamo di riassumere qui in breve i punti emersi dagli interventi e dal seguente dibattito.

Abbiamo ascoltato con molto piacere le idee (in ordine di intervento) del Direttore dell'Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro Luigi Ficacci, il quale ci ha illustrato come l'Istituzione da lui diretta si sta ponendo favorevolmente nei confronti di quella che ha definito "decorazione urbana" (hanno ad esempio di recente commissionato delle opere a Lucamaleonte) e ci ha ricordato l'esempio di Renato Nicolini, che con l'idea dell'Estate Romana seppe trasformare attraverso l'arte gli scenari urbani violenti della Roma di quegli anni in luoghi di cui riappropriarsi, con meraviglia e con una nuova consapevolezza del bello in cui ha il privilegio di stare chi vive a Roma.

 

È intervenuto poi Paolo Masini (Roma Best Practices Award, ex-Assessore del Comune di Roma e consulente del MIBACT), che - ricollegandosi a Ficacci - ha portato l'esempio del progetto di Arte Pubblica SanBa realizzato nel 2014 nel quartiere romano di San Basilio che presenta varie problematiche sociali, in cui la pratica dell'Arte Urbana ha mostrato proprio la grande capacità di creare percorsi partecipati coi cittadini insidiando dunque il controllo criminale dei territori. Inoltre ci ha raccontato degli esempi di come le istituzioni dovrebbero mettere a disposizione gli spazi urbani all'Arte Urbana, avendo il coraggio di produrre nuovi progetti di realtà che sanno come approcciarsi in maniera "sana" allo spazio pubblico, e ha immaginato ad esempio l'ipotesi di trasformare una brutta architettura come Corviale in un'occasione, commissionando un progetto di Arte Pubblica come quelli da lui citati (SanBa, GRAArt, Popstairs).


L'avvocato e docente di Diritto dell'Università di Salerno Giovanni Maria Riccio ha guidato il dibattito sul tema dei diritti, di chi realizza e di chi usufruisce delle opere d'Arte Urbana, dunque sia riguardo il diritto d'autore che riguardo la proprietà delle opere. Ha invitato ad immaginare assieme ciò che nella legislazione ancora non c'è, puntanto a tutelare interessi collettivi, piuttosto che usare regole come quelle legate esclusivamente alla proprietà privata, che tutelano soltanto gli interessi del proprietario del muro senza domandarsi chi sono i proprietari dell'opera che c'è dipinta sopra, e se questa non sia un bene culturale che testimonia un periodo storico, oltre che avere un intrinseco valore artistico.



Anna Maria Cerioni della Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali ha illustrato l'attività che il suo ufficio porta avanti di censire beni comuni, tra cui elementi inseriti in edifici storici come le edicole sacre o le targhe di divieto di "immondezzaro" in marmo, fino alle recenti opere di Urban Art. Ha proposto dunque l'ipotesi di valorizzare la Street Art attraverso normative già presenti nella Carta per la Qualità del Comune di Roma.


Primo intervento di chi rappresenta produce e realizza progetti di Urban Art è stato quello dell'artista e curatore (e ideatore del MURo) David Diavù Vecchiato, che - dopo aver analizzato le sostanziali differenze tra le etichette "Street Art", "Arte Pubblica" e "Urban Art" per far chiarezza sulla terminologia che va usata per distinguere i diversi approcci di intervento artistico negli spazi urbani* - ha proposto alcune idee per valorizzare questa forma d'arte in Italia. Una di queste sarebbe aggiungere nelle schede di censimento delle opere di cui ha parlato la Dott.ssa Cerioni anche il valore economico di ogni opera, laddove è possibile quantificarlo (in tutte le opere di Arte Pubblica commissionate ad esempio, ha proposto di partire dal costo investito per la realizzazione per poi salire in base al valore dell'artista sul mercato). Un'altra proposta è quella di favorire la realizzazione di opere anche su edifici moderni nei centri storici delle città d'arte. Diavù ha inoltre parlato dell'eventualità di affiancare alle figure istituzionali che prendono oggi decisioni in merito a quali opere di Arte Pubblica realizzare (e che un giorno decideranno probabilmente anche quali opere tutelare e/o restaurare), un team di esperti di Urban Art con provata esperienza sul campo in qualità di consulenti temporanei, di volta in volta diversi. L'artista ha infine evidenziato come qualsiasi idea di 'pugno duro' con processo penale legata a vandalismo, tag, graffiti e interventi artistici non autorizzati nello spazio urbano sia fallimentare, e come un processo di assegnazione di valore economico alle opere di Urban Art e al loro eventuale costo di ripristino in casi di danneggiamento, potrebbe ispirare un approccio più equo e pragmatico alla "lotta al vandalismo urbano", basato al massimo sui costi di ripristino del bene danneggiato.


La storica dell'arte e restauratrice Laura Rivaroli di Yococu (YOuth in COnservation of CUltural Heritage) ha approfondito l'argomento della conservazione e tutela delle opere di Urban Art, già sfiorato negli interventi precedenti. Ha proposto di trovare assieme una soluzione per individuare opere delle quali non si dovrebbe privare la comunità, e ha portato come esempio di cattiva gestione di un caso di questo tipo il murale realizzato da Keith Haring nel 1984 e cancellato dal Comune di Roma sul Palazzo delle Esposizioni.
Raccontando i primi esperimenti effettuati anni fa su murales realizzati a Roma dal MURo, partiti dalla volontà dello staff stesso di Yococu di sperimentare scientificamente la possibilità di tutelare l'Arte Urbana, ha spiegato che loro oggi intervengono esclusivamente su richiesta di organizzazioni che realizzano progetti artistici in cui si prevede la tutela già in fase di realizzazione delle opere, portando l'esempio del progetto GRAArt.


L'artista Nicola Verlato ha sottolineato come la diffusione dell'Urban Art di questi ultimi anni abbia favorito il ritorno dell'arte tra le persone, dal momento che l'Arte Contemporanea - pur avendo tentato di realizzare in passato varie opere di Arte Pubblica - in genere non possiede né la capacità di coinvolgere i cittadini, né le caratteristiche estetiche per attrarli che invece ha L'Urban Art. Ha inoltre messo in evidenza che questo ritorno dell'arte negli spazi pubblici permetterebbe oggi la possibilità di valorizzare opere ed artisti senza dover passare per forza per percorsi e regole del mercato dell'Arte Contemporanea. Verlato ha proposto di fare uno sforzo per individuare i meccanismi più adatti di selezione per scegliere quali opere d'arte già realizzate nello spazio pubblico conservare e quali nuove opere di Arte Pubblica realizzare nei centri storici.


Grazie all'intervento dell'artista Maupal (Mauro Pallotta) si sono potute focalizzare alcune contraddizioni che la Street Art mette spesso in evidenza. Nella sua esperienza, ad esempio, le opere  vengono rimosse immediatamente dalle istituzioni, e in particolare dal Decoro Urbano, anche quando lui ha il consenso del legittimo proprietario dell'edificio sul quale le ha realizzate e se la tematica dell'opera non è offensiva nei confronti di pubblico pudore, morale, religioni, etnie, generi o persone. In questo caso l'artista parla infatti di esplicita censura da parte dell'istituzione. Un altro tema sollevato da Maupal è stato quello del diritto d'autore, anche nel caso in cui l'autore reinterpreta personaggi noti. L'artista ha portato come esempio il suo rapporto con i rasppresentanti legali del Vaticano, che gli hanno notificato che i diritti delle sue opere rappresentanti il Papa sono da considerarsi proprietà del Vaticano e non suoi.


Il curatore di a.DNA Collective Mirko Pierri ha portato la propria testimonianza in merito a due delle sue più recenti esperienze di Urban Art. Il primo è il progetto "SPES", cioè la valorizzazione e restauro ad opera di Yococu del dipinto murale "L'albero del Domani" realizzato dall'artista Umberto Vota nel 1984 in Piazza Risorgimento a Battipaglia (Sa) nell'ambito del "Festival Internazionale Teatro Ragazzi" ideato da Carmine Battipede e dal lui diretto dal 1984 al 1988. La seconda testimonianza è quella del murale realizzato dall'artista Lucamaleonte alla fermata metro Ostia Lido Nord (Rm) pochi mesi fa, che è stato oggetto di un'aggressiva strumentalizzazione da più aree politiche. Pierri ha messo a confronto i due episodi proprio perché, pur avendo entrambi coinvolto la comunità locale e strutturato un percorso partecipato con scuole e associazioni, hanno ricevuto due reazioni opposte dalle istituzioni. Il progetto di Battipaglia è stato fortemente voluto da più realtà locali, pubbliche e private, e promotori del restauro sono stati i cittadini stessi che hanno contattato per la curatela Pierri e a.DNA, i quali si sono rivolti a Yococu per le soluzioni tecniche. Nel caso del murale di Ostia, che ha visto egualmente coinvolte prima della realizzazione diverse realtà locali fino alla realizzazione di diversi laboratori di Urban Art nelle scuole, un attacco sui social networks da parte di un esponente di un gruppo politico ostile al progetto e il rilancio dello stesso su giornali e siti web di cronaca locale, ha provocato reazioni e decisioni da parte del Municipio che - a detta di Pierri - dimostrano come sia oggi necessario tutelare il lavoro di chi realizza Arte Urbana in Italia per non lasciare ogni decisione in mano agli amministratori locali.


Al termine della tavola rotonda l'onorevole Manuel Tuzi, Parlamentare del Movimento 5 Stelle, ha invitato noi promotori del progetto in Parlamento, a parlare di Arte Urbana e a presentare quest'idea di legge di fronte alla Commissione Cultura della Camera dei Deputati.



Gli spunti di riflessione emersi nel dibattito sono stati principalmente:

- la necessità di riconoscere e valorizzare l'arte negli spazi urbani come espressione artistica di primo ordine e di sapere riconoscere in chi opera nell'ambito dell'Arte Pubblica chi ha reali esperienze e competenze - dunque comprovata professionalità - da chi si improvvisa e non è perciò in grado di offrire le minime garanzie necessarie. Tali esigenze nascono non certo dal bisogno di 'normalizzare' qualcosa che siamo noi i primi a saper bene che fortunatamente 'normalizzabile' non lo sarà mai, quanto invece dall'esigenza di ridimensionare il potere e l'ingerenza di governi e amministrazioni comunali dei vari colori politici, così come anche quello di magistrati e aule di tribunale, e di gruppi di cittadini auto-organizzati ma non istituzionalmente riconosciuti, rispetto alle decisioni da prendere sia sulla realizzazione delle opere d'arte commisionate, che sull'eliminazione delle opere commissionate o spontanee. Si è convenuto che attraverso una forma di valorizzazione ufficiale dell'Urban Art si andrebbero a favorire più che gli artisti e i loro lavori, le comunità che sono proprietarie morali delle opere d'arte negli spazi pubblici.

- la necessità di ridiscutere con attenzione le pene previste nell'articolo 639 del codice penale a proposito del quale è stata espressa preoccupazione durante il dibattito.

- la necessità di comprendere se i vigenti strumenti legislativi ci permettono di identificare con esattezza chi è il legittimo proprietario delle opere di Street Art (quindi spontanee e realizzate in maniera illecita). È da considerarsi tale in assoluto il proprietario del muro su cui l'opera è stata realizzata? E siamo certi che il proprietario del muro possa fare dell'opera tutto ciò che desidera?

- la necessità di non impedire ai centri storici delle città italiane di proseguire nella loro naturale stratificazione di opere d'arte, e dunque la possibilità di realizzare opere di Urban Art anche nei centri storici e come regolarizzare a livello istituzionale questa possibilità.

- la necessità di ascoltare tutte le voci in campo al fine di riconoscere le varie esigenze: artisti, curatori, Soprintendenze, amministrazioni locali, Ministero, restauratori, associazioni, comitati di quartiere e così via. Provare con loro a comprendere qual'è il comune sentire e le difficoltà operative che incontrerebbe una possibile legge.

- i punti non discussi in questa prima occasione di incontro sono molti, ma saranno raccolti per approfondirli nelle prossime occasioni.

Trovandoci di fronte a un'idea nuova, una nuova creatura destinata a crescere, che man mano accoglierà persone, idee e opinioni, abbiamo deciso di darle un nome e l'abbiamo chiamata progetto ExP, cogliendo l'idea di Diavù, che lo ha lanciato nell'assemblea di ieri. Come lui stesso ha affermato in chiusura: «suggerirei Exp perché trattasi dell'esperimento di scrivere una legge partendo dal basso, un esperimento che riteniamo necessario anche come esempio, in questi tempi di ritorno a regimi autoritari. Ed Exp perché è acronimo di Explicit Partners. Dal momento che stiamo facendo lo sforzo di mettere assieme un network di persone con visioni diverse per farle incontrare e dibattere sui nostri diritti e doveri rispetto alle città e all'arte che vi si produce, è fondamentale che queste siano molto schiette ed esplicite tra loro nella discussione, affinché questo esperimento possa funzionare».

Prendiamo quindi l'impegno di stimolare la creazione di un network di vari soggetti competenti e interessati a questo tema attraverso una serie di iniziative che vedrete su questo sito, nell'area Exp.

Qui di seguito i link agli interventi in video:

introduzione di Paolo Conti

Luigi Ficacci

Paolo Masini

Giovanni Maria Riccio

Anna Maria Cerioni

David Diavù Vecchiato

Laura Rivaroli

Nicola Verlato

Maupal

Mirko Pierri

Manuel Tuzi e conclusione

*Nota:
Di seguito le differenti definizioni di arte negli spazi urbani che Diavù ha condiviso con l'uditorio della tavola rotonda e che riteniamo utile riportare. La definizione Street Art (o Street art) per le opere outdoor spontanee dell’artista e non autorizzate. Quelle definite illegali o, più esattamente, illecite. Legata particolarmente alle origini di questo movimento, in genere si pratica attraverso stencil, poster, murales e interventi che hanno le caratteristiche di essere decisi solo dall’artista (o gruppo di artisti) e la vocazione di essere temporanei. Ma se la definizione "Street Art" la si traduce letteralmente con "arte di strada", slegandola dunque dal significato più tecnico che ha acquisito negli ultimi decenni (e togliendogli dunque la maiuscola in quanto termine comune, e non più proprio del fenomeno), non è certo errato definire tale ogni espressione artistica in pubblico. È Arte Pubblica più specificamente quando si tratta di opere in strada destinate al pubblico, negli spazi condivisi, commissionate da amministrazioni ed enti pubblici, o prodotte attraverso bandi pubblici. Diavù ha spiegato che lui ritiene il termine esatto anche nei casi di opere commissionate e pagate da privati destinate a pareti che affacciano su strada, in quanto per la percezione di cittadini e visitatori sono opere presenti nel territorio e a loro destinate, e in entrambi i casi la scelta di un singolo proprietario o di un funzionario pubblico influenza quello che lui chiama il “panorama condiviso”. Parla infine di Urban Art/Arte Urbana quando prende in considerazione entrambi i tipi di interventi artistici, anche quelli che non rientrano nei due precedenti casi, quindi anche le opere dipinte gratuitamente su muri richiesti dagli artisti o da associazioni, curatori, etc, e autorizzate (ma non commissionate) dalle amministrazioni pubbliche, se trattasi di muri di pertinenza pubblica, oppure autorizzate dai proprietari se sono su muri di privati. In questi casi in genere la scelta dell'immagine da realizzare è di solito dell’artista (a volte concordata con organizzatori e curatori, nel caso ce ne fossero). Diavù ha chiuso affermando che le opere richieste da Comuni ed altri enti a titolo gratuito agli artisti dovrebbero rientrare secondo queste definizioni nell'Arte Pubblica ma lui personalmente non le prende in considerazione in questo elenco, ritenendo non etico richiedere lavoro gratis agli artisti, e dichiarandosi sempre pronto a discutere queste classificazioni proposte.

(foto di Vincenzo De Francesco)